Letto “Rainbow’s End”. Buon libro.
Vernor Vinge è uno dei miei autori preferiti. Il suo romanzo che preferisco è A Deepness in the Sky, che è fantascienza molto classica, scientifica, a base di astronavi del lontano futuro e alieni.
Questo Rainbow’s End è molto più vicino a noi; parla di un futuro prossimo. Ci sono echi di Neuromante per come la Rete è pervasiva nella vita dei personaggi. Ma mentre Gibson immaginava un “ciberspazio” separato dalla realtà reale, tanto che chi ci navigava stava praticamente inebetito di fronte al proprio “deck”, in questo romanzo la Rete compenetra la realtà; i personaggi percepiscono una “realtà aumentata” piuttosto che una realtà virtuale.
Ci sento anche un eco di La Luna è una severa maestra, per via di uno dei personaggi che probabilmente non è un essere umano; ma qui non voglio entrare per non rivelare troppo della trama.
Vinge è un positivista; è uno dei pochi scrittori o sceneggiatori contemporanei che non descrive un futuro triste e oscuro, anche se nel mondo di Rainbow’s End problemi ce ne sono: il più grave è il pericolo del terrorismo su vasta scala, che è un rischio tanto più concreto in un mondo in cui uno può fare ingegneria genetica a casa sua. Nei libri di Vinge non ci sono aspetti orrorifici né soprannaturali; l’unica “magia” è nella capacità delle persone di scegliere fra il male e il bene.
Insomma, un buon cyberpunk moderno.