Tecnologia linguistica
Lunedì il mio amico Federico ci ha elargito una lezione gratuita e informale di esperanto, all’ottimo pub “Old Fox” di piazza S. Agostino. Ho sempre considerato gli esperantisti degli stravaganti un po’ pazzi. Non che non lo siano :-) ma sull’esperanto ho cambiato idea. Non è una cosa così assurda come potrebbe sembrare dall’esterno. Siamo condizionati a pensare che imparare le lingue sia molto difficile; probabilmente questo proviene dalla difficoltà oggettiva di imparare l’inglese (pronuncia difficile, comprensione del parlato molto difficile, e per ogni parola bisogna imparare a memoria come si scrive perché non c’è un metodo); o il francese (pronuncia difficile, ortografia baroccamente complessa); o il tedesco (razionale, ma occorre imparare a memoria la grammatica, come per il latino). Non siamo preparati a pensare che imparare un’altra lingua possa essere molto facile.
Nel caso in questione, l’esperanto può sembrare buffo perché prende in prestito le parole da tutte le lingue (“dànkon!” – grazie; “salùton” – ciao; “viro” – essere umano maschio adulto). Ma se ti lasci spiegare alcune semplici regole, è stupefacente quanto riesci ad imparare in poco tempo. L’esperanto è stato costruito in maniera razionale allo scopo di essere efficace; facile da imparare, facile da usare. C’è un sistema: ad esempio, conoscendo la parola “program-o” (programma; tutti i nomi finiscono in -o) puoi ricavare “program-isto” (programmatore), “program-ejo” (luogo dove si programma: software house), “program-aro” (insieme di programmi: software). E ancora: “program-a” è l’aggettivo: “programmatico”, “program-e” è una specie di avverbio: “programmaticamente”, “program-i” è il verbo “programmare”.
Federico ci ha spiegato le basi: l’alfabeto, i pronomi, le desinenze (16 in tutto, anch’esse sistematiche: ad esempio le desinenze dei nomi sono program-o, program-oj (nominativo singolare e plurale), program-on, program-ojn (accusativo singolare e plurale); per i verbi, si possono fare molte conversazioni conoscendo solo -i, -as, -is e -u: infinito (program-i, programmare), presente (“mi program-as”: io programmo, ma anche “vi program-as”: tu programmi, voi programmate. Una sola desinenza per tutte le persone.), passato (“mi program-is”, io programmai oppure programmavo), imperativo (“program-u!”, programma!)
Poi abbiamo letto, da bravi scolari, un dialogo da un semplice racconto che si può trovare online, “Gerda malapèris!” che significa “Gerda è sparita”. Anche qui c’è un sistema: “apèri” significa apparire; il prefisso “mal-” nega, percui “malapèri” significa sparire. E’ stato divertente.
Insomma, mi sembra plausibile quello che gli esperantisti sostengono, che dedicando 1/10 di quello che la maggior parte delle persone spendono in termini di tempo e fatica per imparare l’inglese, si può imparare l’esperanto a un livello che permette di conversare e corrispondere bene e senza fatica.
June 4th, 2008 at 21:29
Ciao Matteo.
Il fatto che sia così ripetitivo e prevedibile è uno dei due motivi per cui non ha avuto né avrà mai successo: è una lingua noiosissima :-) Le lingue naturali sono vive, non possono essere ridotte ad un enorme prodotto cartesiano, insomma è roba da ingegneri, al resto del mondo queste cose non piacciono. Ovviamente il secondo motivo è che non ha una storia ed una letteratura millenaria come tutte le grandi lingue del pianeta.
June 4th, 2008 at 21:41
Dici che non ha avuto successo? Lo sai che se impari l’esperanto puoi andare in qualsiasi angolo del pianeta ed essere accolto da persone che lo parlano? Poi io sono un ingegnere dentro, e non fosse altro che per il fatto che è efficace (nel senso della facilità d’uso) già lo considero un successo. A me pare divertente :-)